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Salviamo le piccole e medie imprese

Oggi, queste aziende devono lottare contro una concorrenza sleale che viene da paesi dove la manodopera costa un terzo.

Le piccole medie imprese (PMI) rappresentano il 90% di quelle attive in Ticino. Non hanno più di 10 dipendenti, spesso sono a conduzione familiare, da generazioni. Sono aziende radicate sul territorio e molti occupano manodopera residente. Prima degli accordi bilaterali queste imprese erano confrontate con una sana concorrenza interna. Si partiva da una base comune: stessi costi per la manodopera e per le materie prime. Oggi, queste aziende devono lottare contro una concorrenza sleale che viene da paesi dove la manodopera costa un terzo e le materie prime il 40% in meno che da noi. Lo stesso vale per i dipendenti ticinesi: si vedono soppiantati da personale disposto a lavorare per un salario molto inferiore e non sostenibile per chi risiede in Ticino. Di conseguenza, le PMI si vedono confrontate con il problema della successione dell’attività. Chi non ha eredi che possano continuare, difficilmente trova qualcuno pronto a ritirare l’azienda, visto la difficoltà del mercato attuale. Cosa fare per salvare queste aziende e i loro collaboratori? Creare degli incentivi o degli sgravi fiscali per chi assume manodopera residente? Sensibilizzare la popolazione a dare fiducia alle ditte locali? Questi strumenti servirebbero a rallentare l’emorragia ma di certo non risolverebbero il problema. Bisogna estirpare il male alla radice. Il male che opprime le PMI ticinesi sono i bilaterali e la libera circolazione delle persone e delle aziende. Dobbiamo tornare alla situazione precedente, dove esistevano dei contingenti per i lavoratori e per le ditte estere. Dobbiamo ridare fiato a queste aziende che rischiano la chiusura con la conseguente perdita di numerosi posti di lavoro. Se vogliamo rimediare all’inerzia del sistema dobbiamo eleggere in Consiglio Nazionale persone che più hanno a cuore la Svizzera, la sua popolazione e la sua autodeterminazione. La scelta è facile perché oggi è rimasto solo un partito a difendere i nostri diritti, l’Unione Democratica di Centro.

Daniele Pinoja, Candidato UDC al Consiglio nazionale

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