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“Scenario 1992”

C’è una palese mancanza di fantasia tra le file dei contrari all’iniziativa per l’autodeterminazione, soprattutto tra le associazioni economiche, e nella loro campagna contro la democrazia diretta. Per tentare di far serpeggiare il terrore tra i cittadini svizzeri, colpevoli di contare ancora qualcosa in questo Paese che non fa parte dell’Unione europea, hanno sfoderato il più classico dei repertori, quello dello sfacelo economico. Accordi economici e internazionali immediatamente rescissi, isolamento della Svizzera, diffidenza nei confronti nel nostro Paese, affidabilità andata a ramengo, fuga di aziende verso l’isola felice europea, tabula rasa di posti di lavoro, gettito fiscale azzerato, PIL in picchiata, esportazioni verso l’estero azzerate, esplosione dei costi sociali e via dicendo. Se tutto va bene! Sono minacce che i cittadini elvetici hanno già avuto modo di ascoltare in passato, ma non hanno mai avuto modo di vedere con i propri occhi. Sapete perché? Lo scenario di cui vi sto parlando è quello presentato al popolo svizzero nel 1992 e preconizzato dai poteri economici, dal Governo e dall’establishment qualora la Svizzera non avesse aderito allo Spazio economico europeo. Ora, sappiamo tutti come sono andate le cose. L’apocalissi di fatto non ebbe luogo e l’unica cosa nera che si vide fu la «dimanche noir» di Delamuraz. Oggi, come allora, il medesimo trio (Governo, economia ed establishment) ci presenta la medesima pièce teatrale. Una grottesca campagna basata sulle menzogne e sulle mezze verità. Parlano di centinaia di accordi economici a rischio, senza però mai citarne uno come esempio proprio perché non esiste. Ipotizzano aziende in fuga e la cancellazione di posti di lavoro dovuti all’incertezza giuridica, senza dirvi che l’iniziativa mira soltanto a riportare le lancette dell’orologio indietro di 6 anni, al momento in cui vi era più chiarezza e certezza giuridica di quanto ce ne siano oggi. Ne dicono di ogni senza mai comunicare l’unica verità, ossia che a loro dà fastidio che i cittadini svizzeri possano intromettersi nei loro affari per il tramite della democrazia diretta. E che più questa autodeterminazione verrà indebolita più loro ne trarranno profitto e soddisfazione. A dirla tutta, spiace parecchio vedere tanto disprezzo nei confronti della democrazia diretta e del popolo svizzero, ai quali devono più di quanto loro possano immaginare. Il successo e il benessere di questo Paese si regge proprio sul diritto dei cittadini di poter intervenire laddove è necessario. Ciò crea un altro tipo di rapporto con lo Stato di quello a cui sono abituati i poveri cittadini europei, la cui considerazione è sbandierata solo durante le elezioni. La Svizzera e il popolo svizzero godono di un atout straordinario e imprescindibile per l’economia, quello di esser in grado di fare gli interessi del nostro Paese. Il Paese che amiamo. Invito, quindi, i cittadini ticinesi e svizzeri a fare ciò che fece il popolo nel 1992, scegliere l’indipendenza e l’autodeterminazione votando sì il prossimo 25 novembre, senza dare ascolto ad associazioni che dietro all’amor patrio celano solo interessi personali e di bottega.

Alain Bühler, vicepresidente UDC Ticino

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