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Uno Stato che rinuncia alla propria capacità di decidere è uno Stato malato

Uno Stato che rinuncia alla propria capacità di decidere è uno Stato malato. Il nostro ha da qualche tempo almeno qualche linea di febbre. Lo indica come poco abbiano peso, per alcuni, gli oltre 700 anni di storia del nostro Paese. Indica che se ammettiamo, giustifichiamo, e persino lodiamo come sagge le politiche di paesi come il Canada o l’Australia, che applicano senza nessun problema un controllo autonomo delle proprie frontiere e un’immigrazione dosata a seconda delle necessità e utilità della propria nazione, allo stesso tempo non riusciamo a volere difendere questi stessi principi quando si tratta di applicarli a casa nostra, senza dover giustificare niente a nessuno.

Atteggiamenti dovuti spesso all’avere senza meriti, senza sacrifici, ereditare quanto costruito con fatica da altri senza aver mai dovuto sudare per ottenere. Troppo spesso diamo per scontato quello che abbiamo, non per nostri meriti, ma unicamente per merito di persone che ci hanno consegnato una Svizzera libera, democratica, indipendente. Sono valori ai quali dovremmo guardare con rispetto, con ammirazione, e sentirci degni custodi di questi valori.

Uno degli argomenti degli avversari dell’iniziativa per un’immigrazione controllata, è lo spauracchio di una eventuale caduta di tutti gli accordi bilaterali conclusi fino ad oggi. Si tratta di una paura del tutto ingiustificata, mentre è più che concreta la certezza che se non abbiamo la capacità, quando ci vuole, di dire: A casa nostra accettiamo qualsiasi consiglio, ma nessun ordine, in poco tempo potremo dire addio alle nostre prerogative, alle nostre libertà, alla nostra indipendenza. Vogliamo continuare ad essere amici di tutti, senza essere servi di nessuno. Vogliamo decidere a casa nostra chi vogliamo avere come ospite e chi no. Oggi, partiti che evidentemente quando dicono “Svizzera” pensano a qualche cosa da vedere solo come folclore, vogliono toglierci una libertà fondamentale. Vogliono permettere, o favorire di fatto, il dumping salariale, vogliono rendere ancora più facile la sostituzione di residenti con persone più che disposte a lavorare per meno, soprattutto se è loro possibile vivere a costi da oltre frontiera. Max Frisch aveva detto: Volevamo braccia, sono arrivati uomini. Oggi vogliamo difendere gli uomini, per farlo, per difendere condizioni di lavoro degne di questo nome, occorre fermare l’importazione di braccia a buon mercato, per il bene dell’uomo.  Sì, assolutamente, all’iniziativa per un’immigrazione moderata. Non vogliamo braccia, vogliamo accogliere uomini.

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