Editoriale

Agricoltura: un tema essenziale per la Svizzera

L’agricoltura, per chi non è del mestiere, non è certo uno di quegli argomenti in grado di scaldare gli animi e attirare consensi a palate. Eppure riveste un ruolo di primaria importanza, quantomeno su due fronti. 

Il primo: l’approvvigionamento agricolo, ovvero la sicurezza alimentare, è tutt’altro che una tematica da mettere in secondo piano nell’agenda politica nazionale.
Il secondo: l’agricoltura è qualcosa di profondamente radicato nell’anima elvetica, un simbolo di “svizzeritudine” e, non da ultimo, ciò da cui l’UDC – ex partito agrario-, proviene.
La sicurezza pianificatoria, un’agricoltura innovativa, a orientamento imprenditoriale, che promuova la qualità, in grado di tutelare e stimolare concretamente il lavoro e le esigenze di famiglie di contadini messe sempre più sotto pressione della concorrenza – sleale –proveniente in primo luogo dai paesi dell’Unione europea, ma anche da altre realtà extra europee, non sono qualcosa di cui non tener conto durante una campagna elettorale principalmente incentrata su altre tematiche.
In Svizzera, cento anni fa, le aziende agricole presenti su tutto il territorio nazionale erano 243 mila. 25 anni fa erano già scese a 108 mila e, nel 2013, ne erano rimaste solo 55 mila. Sono numeri da brivido, che ci raccontano come il grado di approvvigionamento lordo del nostro Paese tocchi solo il 60% della produzione. Ben al di sotto dei Paesi dell’Ue o di altre realtà come gli Stati Uniti, il Canada, l’Argentina, o persino il Burkina Faso. Queste cifre impietose sono però in grado di farci capire senza indugi che l’attuale politica agraria, non va. Anche perché i contadini svizzeri, oggi, devono far fronte a una continua erosione di superfici agricole. Il che causa non solo la chiusura di migliaia di aziende e il calo drastico dei redditi, ma persino la violazione di un preciso mandato costituzionale, visto che è la Costituzione stessa a delegare e prevedere compiti di estrema importanza per il settore primario.
L’UDC sta dunque facendo il possibile affinché il grado di approvvigionamento non scenda ulteriormente e che, al contrario, le importazioni subiscano un freno considerevole. In Europa è proprio il nostro Paese ad essere uno dei maggiori importatori netti pro capite di generi alimentari. E significa una cosa sola: debolezza.
Sarà anche un argomento poco appariscente e privo di fascino su cui chinarsi, ma senza cibo non si mangia e se non si mangia… Dunque, far dipendere gran parte di ciò che un popolo ingerisce, da altri Paesi è rischioso quanto la dipendenza energetica e petrolifera. Possibile che solo in pochi se ne rendano conto?
Occorre pertanto eliminare lacci e lacciuoli che legano l’imprenditorialità dei contadini, sgravarli da inutili e onerose prescrizioni, ostacoli, controlli, formulari burocrazia e dare loro la possibilità di esprimere al meglio la propria professionalità, basata peraltro su secoli di esperienza, abilità personale, pazienza, tenacia a tanto duro lavoro.
Le battaglie parlamentari in grado di far aumentare l’approvvigionamento alimentare (che non deve assolutamente scendere sotto il 60%), leggi in grado di garantire la sopravvivenza di aziende agricole a conduzione familiare, un reddito agricolo decoroso e una dura opposizione a un accordo di libero scambio con i Paesi dell’Unione europea sono temi su cui vale la pena dedicare tempo ed energie. Perché non sono solo necessari. Sono vitali.

Lara Filippini, Candidata UDC al Consiglio Nazionale

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