Editoriale

Biodiversità e l’elefante nella stanza

Il Popolo svizzero sarà chiamato il 22 settembre a prendere una decisione: sostenere o meno l’iniziativa estrema sulla biodiversità. Sebbene la tutela ambientale sia un tema centrale, è importante chiedersi se questa proposta di modifica costituzionale sia veramente necessaria o se invece rischi di danneggiare un sistema già virtuoso, spalancando le porte a ulteriori restrizioni eccessive e scollegate dalla realtà.

Non dimentichiamo che la Svizzera è già un’eccellenza riconosciuta a livello europeo per quanto riguarda la tutela ambientale. Con il 20% delle superfici agricole destinate alla promozione della biodiversità, il nostro paese è un modello di equilibrio tra produzione agricola e rispetto dell’ambiente. Questo risultato è frutto di politiche intelligenti e mirate, che hanno saputo coinvolgere gli agricoltori in prima linea.

Agricoltori che non sono solo semplici produttori, ma veri e propri custodi del nostro paesaggio. Le loro pratiche, che combinano tradizione e innovazione, hanno permesso di mantenere vive e vitali le aree rurali e le valli, preservando habitat cruciali per molte specie animali e vegetali. L’alpeggio, la gestione sostenibile dei pascoli e l’adozione di pratiche biologiche sono elementi che rendono l’agricoltura svizzera un baluardo della biodiversità. Si può davvero chiedere di più a un settore che già eccelle in sostenibilità?

L’iniziativa estrema sulla biodiversità, se approvata, rischierebbe di penalizzare proprio quei settori che più si impegnano per l’ambiente. È facile fare leva su slogan radicali, ma la realtà è ben più complessa e, come scriveva Voltaire, spesso “il meglio è nemico del bene”. Gli agricoltori svizzeri meritano un riconoscimento per il loro impegno, non ulteriori vincoli territoriali e burocratici che metterebbero a rischio la loro capacità di continuare a lavorare in armonia con la natura e soddisfare la domanda di prodotti alimentari indigeni e di qualità.

Se davvero vogliamo affrontare le cause della perdita di biodiversità, dobbiamo finalmente guardare al vero elefante nella stanza: la pressione antropica dovuta alla massiccia immigrazione. Negli ultimi 20 anni, l’aumento della popolazione, alimentato dalla massiccia immigrazione, ha portato a una crescente urbanizzazione e alla frammentazione del territorio. Strade, edifici, servizi e infrastrutture hanno eroso gli spazi naturali, compromettendo la connettività tra habitat e rendendo difficile la sopravvivenza di molte specie.

Invece di imporre nuove regole restrittive agli agricoltori, dovremmo concentrarci su politiche che limitino l’immigrazione, evitando così di cementificare ed espandere ulteriormente e inutilmente le aree urbane. Il vero nemico della biodiversità non è quindi l’agricoltura, ma le politiche troppo liberali in materia d’immigrazione. Ecco perché voterò NO all’ennesima iniziativa ambientalista estrema.

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