Editoriale

Il lavoro dei frontalieri

Lavoro, lavoro e sempre più lavoro. Questo il tema sulla bocca di tutti e anche nei dibattiti pubblici a cui ho partecipato ne ho avuto ogni volta la riprova. Durante questi eventi, e subito dopo, la gente vuole discutere di questa problematica, é interessata a capire se le cose miglioreranno e quali sono le prospettive. I dati ufficiali della disoccupazione sottovalutano il fenomeno. Essi tengono conto solo dei disoccupati registrati presso gli uffici regionali di collocamento, e dunque pensare e affermare che le cose vadano bene perché il nostro tasso di disoccupazione in Ticino si attesta al 3,4%, è fuorviante e inveritiero. Tutti gli altri, i molti altri che non trovano lavoro, non sono mica degli invisibili! In realtà, si parla addirittura di un tasso di disoccupazione prossimo al 10%, con punte ancora maggiori tra i giovani. Tantissima gente, dicevo prima, ti avvicina e chiede di essere ascoltata. Anche se con imbarazzo domandano aiuto per se stessi e per i propri figli. La preoccupazione e la frustrazione sono palpabili. Il nostro mercato del lavoro si sta lombardizzando e noi non abbiamo gli strumenti sufficienti per tirare il freno a mano. I tempi politici sono troppo lunghi, altri non ci pensano due volte a difendere il proprio Paese. Inghilterra e Germania non si fanno scrupoli a fare il loro interesse. E noi? Se la libera circolazione ci danneggia, almeno io sono convinto di questo, non possiamo attendere di andare in rovina prima di prendere le legittime contromisure. Questo accordo ci sta velocemente trasformando in una provincia d’Italia. Con tutto il rispetto ma mi sento dire NO, NO, NO, proprio con la stessa veemenza che utilizzò il primo ministro inglese Margaret Thatcher nel 1990 durante un dibattito alla camera dei Comuni incentrato sulla moneta unica. Noi dobbiamo rimanere un Cantone della Svizzera. Un posto dove i residenti trovano lavoro e ricevono il giusto compenso. Non dobbiamo diventare l’isola felice di imprenditori senza etica che sfruttano il nostro Cantone solo per il loro interesse senza lasciare una briciola di benessere al nostro Ticino. É particolarmente preoccupante in questo senso l’aumento esponenziale dei lavoratori frontalieri nel settore terziario. Un settore dove lavoravano in passato quasi esclusivamente dei ticinesi. E allora nessuno osa più dire, come si é fatto per anni, che i frontalieri fanno lavori che noi ticinesi snobbiamo. E no, ora é chiaro che, complici imprenditori e ditte non certo sensibili al nostro mercato del lavoro, tanto per usare un eufemismo, qui si lasciano a casa i nostri. La libera circolazione lo permette e a me non va bene. Sia come politico che come padre di bambini a cui desidero che il Ticino possa ancora offrire delle opportunità.

Marco Chiesa, Candidato al Consiglio nazionale UDC

 

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