Editoriale

Le nostre radici

Ho scoperto qualcosa di strordinario. Non sapevo infatti che a Palazzo federale fossero attivi quattro intercessori. Chi sono gli intercessori? Sono delle persone che pregano per il nostro Paese allorquando hanno luogo le sedute parlamentari a Berna. Ho avuto la fortuna di conoscerne uno; di parlare con lui di cose serie e di scherzare sulle cose più futili. È discreto, non ha l’ambizione di immischiarsi nella politica, non forza i deputati a prendere delle decisioni e non appartiene agli ingranaggi di Palazzo. L’intercessore ascolta, dà consigli disinteressati e chiede a Dio, a mezzo della preghiera, di aver cura del nostro Paese. Che cosa straordianria è questa. Straordinaria come il fatto che nel 1832 la Dieta federale decise di istituire un giorno in cui la popolazione potesse pregare per chi ci governa. Il giorno della Festa federale di ringraziamento, pentimento e preghiera. Questa giornata speciale, comunemente chiamata anche Digiuno federale, cade, per scelta unanime, la terza domenica di settembre. Questa tradizione affonda tuttavia le sue radici molto più addietro nel tempo. La prima fonte scritta di questa celebrazione sembrerebbe risalire al 1517, ma la sua genesi é molto più antica. Al di là dei cenni storici, il fatto che le autorità di quel tempo, e quelle che si sono susseguite, abbiano ritenuto giusto introdurre e mantenere un momento di riflessione così particolare la dice lunga sul profondo e intimo rapporto del nostro Paese con l’Altissimo. In quella giornata siamo chiamati a costruire un ponte che poggia sulle nostre radici. Un ponte che parte da quel preambolo della Costituzione che inizia con “in nome di Dio onnipotente” e che finisce con la croce bianca su sfondo rosso del nostro vessillo. Tutti segni inequivocabili di un cristianesimo fonte dei nostri valori e dei nostri principi. Anche il Salmo svizzero, che qualcuno oggi vorrebbe sostituire forse perché simbolo troppo chiaro di ciò che siamo, ha una connotazione religiosa. Le parole scelte dal monaco cistercense dell’abbazia di Wettingen Alberik Zwyssig sono inequivocabili. Si riferiscono al Re dei cieli, all’anima e al patrio suol. Proprio per questo ho voluto chiedere, già alcuni anni orsono, a mezzo di una mozione in Gran Consiglio, l’insegnamento obbligatorio di questo canto nella scuola dell’obbligo. Io non mi temo di dichiarare la mia cristianità, non temo di mostrare i miei valori e di parlare di fede. Sarebbe come rinnegare il mio Paese e le mie origini. Mentre, al contrario, anche grazie a queste occasioni speciali, io vorrei che ricordassimo da dove arriviamo per meglio capire dove dobbiamo andare.

Marco Chiesa, candidato al Consiglio nazionale UDC

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