Ticino, cambia rotta!
Nonostante alcuni settori del mondo dell’economia e della politica si ostinino a ripeterci che il mondo del lavoro in Svizzera, non potrebbe andar meglio, l’UDC riafferma invece che, la situazione così com’è, non può più andare avanti.
Soprattutto in Ticino: del resto, con quasi il 28% di stranieri, oltre 63 mila frontalieri e svariate migliaia di padroncini e distaccati, potrebbe essere diversamente?
La rotta seguita sino ad oggi ha bisogno di un’inversione radicale.
È la politica a dover prendere in mano la situazione. E da amico dell’economia, voglio dire forte e chiaro, in modo particolare proprio a quelle aziende italiane da noi insediate per sfruttare il sistema, che devono finalmente farsi un esame di coscienza: non possono continuare a badare solo ed esclusivamente ai propri interessi, non possono trattare il personale residente come un peso, un ostacolo al libero mercato, un ingranaggio difettoso da sostituire da un altro più oliabile.
Non è libero mercato facilitare l’insediamento di centinaia di imprese italiane che si piazzano a pochi chilometri dal confine per assumere solo italiani.
Non è libero mercato importare in Svizzera un sistema di fare azienda improntato unicamente al saccheggio del territorio e alle sue risorse.
Non è libero mercato considerare la manodopera indigena un costo, un peso, un ostacolo all’aumento dei profitti.
Non è libero mercato trasformare le nostre strade in perenni ingorghi, ore di colonne di auto che si recano nelle varie aziende, che ignorano cosa sia un piano di mobilità aziendale.
Non è libero mercato mettere tutti gli imprenditori, buoni o cattivi, in un unico calderone, come spesso fanno i sindacati.
Noi vogliamo che si aprano le porte solo a quelle aziende straniere ad alto valore aggiunto, attente al mercato del lavoro locale, sensibili nei confronti di una manodopera tra le più qualificate al mondo e intenzionate a pagare salari dignitosi.
Stiamo però ancora aspettando che le indicazioni del 9 febbraio vengano tradotte in legge. L’iniziativa UDC “Contro l’immigrazione di massa” ha dato tre anni di tempo alla politica per tradurre in atti concreti la volontà dei cittadini. Ce ne rimane poco più di uno, ma abbiamo l’impressione che in troppi stiano remando contro, tergiversino, mirino al sabotaggio.
Che l’UDC sia stata esclusa, sin dall’inizio, dalle trattative è uno scandalo immondo, che si commenta da sé. Il nostro partito non potrà mai essere messo a tacere.
Come evidenziato dal nostro presidente nazionale, Toni Brunner, il Ticino vota bene sulle iniziative, potrebbe però fare meglio alle elezioni. Il 18 ottobre l’UDC deve uscire rafforzata dalle urne, riconquistare il secondo seggio in Consiglio federale e ribadire che, piaccia o non piaccia alle anime belle del politicamente corretto, i nostri interessi nazionali li decidiamo noi svizzeri. Nessun altro!
Piero Marchesi, Candidato al Consiglio Nazionale UDC