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Diego Baratti: Sulle minoranze che si erigono a maggioranze

La polemica è servita: dopo la preghiera del «Padre Nostro» che deve essere resa di genere neutro perché troppo maschilista, ora si prende di mira Road Dahl, il celebre autore di romanzi per ragazzi, che secondo una casa editrice inglese dovrà essere completamente rivisto in quanto poco politicamente corretto. E gli esempi purtroppo non si fermano qui, e toccano pure anche la nostra piccola realtà svizzera: dalla band reggae con i capelli rasta che non può suonare in un locale a Berna in quanto rea di appropriazione culturale, passando dai Giovani UDC (tra i quali il sottoscritto) non serviti in un bar di Basilea in quanto «troppo UDC per ordinare uno spritz».

E il dibattito sulla difesa delle minoranze tramite divieti ed imposizioni non sembra fermarsi qui: in America si discute se è opportuno tingersi i capelli di biondo in quanto non rispettoso o opportuno per altre culture, nelle università non si può più specificare il genere quando si redigono i testi, e in Ticino si discute già dei bagni senza distinzione di sesso.

I sostenitori di questa mentalità proibizionista, chiamata woke, vogliono ora controllare ciò che pensiamo, leggiamo, ascoltiamo e diciamo. La libertà di espressione viene così minacciata o messa a tacere da delle minoranze, che con la scusa delle disparità, si sono ora erette a delle maggioranze: ci troviamo di fronte ad un futuro dove delle minoranze vanno a dettare agli altri come vivere e come comportarsi, dove il principio democratico della «maggioranza vince sempre» viene sempre messo più in discussione. Di fatto, ci troviamo di fronte ad una nuova ed inedita forma di tirannia, che ci porta a combattere un feroce conformismo intollerante, che agisce proprio in nome della tolleranza.

Questi sviluppi sono da considerare una seria minaccia alla nostra cultura liberale. Che uno trovi una frase in un libro scritto 50 anni fa bella o piuttosto di cattivo gusto è irrilevante. L’unica cosa che conta è che ognuno possa leggere, ma pure ascoltare o suonare ciò che più gli aggrada.

Per i Giovani UDC una cosa è chiara: non vogliamo che persone che non ci conoscono e non rispettano la nostra cultura ci dicano come esprimerci in modo politicamente corretto e neutrale dal punto di vista del genere, cosa mangiare e come trascorrere il nostro tempo libero. Non vogliamo nemmeno essere discriminati e stigmatizzati solo perché abbiamo un’opinione diversa. Pertanto, continueremo a combattere per le nostre libertà, quelle che ci hanno permesso di essere ciò che siamo, e di diventare chi vogliamo.

 

Diego Baratti, presidente Giovani UDC, municipale a Ponte Capriasca e candidato nr. 3 al Gran Consiglio per l’UDC

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