Editoriale

NO a una legge ingombrante: sì alla qualità, no alla burocrazia

Il 15 giugno saremo chiamati ad esprimerci sull’Iniziativa popolare “Per cure sociosanitarie e prestazioni socioeducative di qualità”. A prima vista, il titolo può suonare promettente: chi non desidera servizi di cura e supporto sociale più efficaci e attenti alla persona? Tuttavia, una lettura attenta del testo rivela una proposta mal strutturata, rigida e pericolosamente disconnessa dalla realtà operativa dei professionisti del settore.

La proposta mira infatti a introdurre una legge quadro che, nelle intenzioni dei promotori, dovrebbe migliorare la qualità delle prestazioni. Ma una buona intenzione non basta. Quello che manca qui è un’analisi concreta di cosa serva davvero ai servizi sociosanitari e socioeducativi per funzionare meglio. Imporre nuove regole generali e indistinte per ambiti tanto diversi rischia di fare più danni che benefici.

Il testo dell’iniziativa non distingue tra contesti, strutture o profili professionali. Tratta come identici servizi e realtà profondamente differenti tra loro: una casa anziani, un centro diurno per disabili, un’unità di assistenza domiciliare o un asilo nido avrebbero tutti gli stessi obblighi, le stesse procedure, le stesse responsabilità. Questa omologazione normativa è non solo irrealistica, ma controproducente: soffoca la possibilità di adattare gli interventi ai bisogni reali e specifici delle persone.

Ancora più grave è l’effetto che questa legge avrebbe sul lavoro quotidiano di chi opera nel campo sociosanitario. Educatori, infermiere, terapisti, assistenti sociali e tanti altri si ritroverebbero a dover compilare nuove griglie, redigere ulteriori rapporti, soddisfare nuovi requisiti formali. Il carico burocratico aumenterebbe sensibilmente, senza alcun beneficio tangibile per utenti o operatori. Il tempo speso con le persone verrebbe sacrificato sull’altare delle carte da firmare e degli incartamenti da archiviare.

Tutto questo in un settore dove il capitale umano — l’empatia, la relazione, la capacità di ascolto e di risposta — è l’elemento centrale e più prezioso. Anziché moltiplicare gli obblighi amministrativi, bisognerebbe semplificare, alleggerire, responsabilizzare. Serve una fiducia rinnovata nelle competenze degli operatori e nella capacità delle strutture di organizzarsi secondo criteri di qualità concreti, non imposti dall’alto.

Votare NO a questa iniziativa significa dire sì alla qualità vera: quella che nasce dalla formazione, dall’esperienza, dalla presenza sul campo, non da un impianto normativo pesante e centralistico. Significa anche difendere la dignità di professionisti che ogni giorno si dedicano con passione e competenza al benessere degli altri.

Il 15 giugno, scegliamo una strada più sensata e responsabile calando nell’urna un NO a una norma rigida e lontana dalla realtà. Sì a soluzioni pensate con chi ogni giorno opera sul territorio.

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